Intervista a Leonardo Zaccone di Roma Makers: vi racconto un FabLab nella scuola ospedale
Boboto intervista Leonardo Zaccone, membro dell'associazione Roma Makers ed educatore, che si racconta in una chiacchierata alla scoperta dei suoi progetti e di tutto ciò che sta dietro un profilo da "maker".
Boboto: Ciao Leonardo, è un piacere per noi di Boboto intervistarti, tu sei membro dell’associazione Roma Makers, network nato con lo scopo di connettere tutte le singole realtà legate al mondo dei Makers presenti sul territorio di Roma che ad oggi, è riuscito a diffondersi anche ben oltre i confini romani. Sappiamo inoltre che sei un educatore e, come sai, Boboto si occupa di educazione e collabora a stretto contatto con la realtà dei FabLab, ci potresti raccontare come hai deciso di fare il maker e come questo si sposa con questo tuo background formativo?
Leonardo: Il mio background formativo è molto vario ma possiamo dire in parole semplici che io sia un umanista digitale, ovvero mi sono da sempre interessato agli aspetti umanistici della rivoluzione digitale e delle applicazioni digitali delle materie umanistiche.
La mia attività come educatore nasce da quando avevo 15 anni, da quando iniziai a insegnare musica nelle scuole elementari. La mia attività da maker invece nasce a partire dalle mie installazioni artistiche interattive. In realtà può sembrare tutto molto distante, ma coniugare arte, musica e tecnologia è semplicemente molto naturale. E i processi didattici e di apprendimento di queste discipline sono molto vicini, se non uguali.
B: Quali sono i progetti che hai realizzato che da “maker” ritieni siano stati più soddisfacenti?
L: Le mie installazioni artistiche, come accennato. E in realtà anche alcuni progetti didattici come le cork-stories, cartoni animati realizzati su scratch usando come protagonisti personaggi inventati e costruiti con tappi di sughero e stampa 3D.
B: Abbiamo sostenuto e seguito sui social tutta la campagna di crowdfunding che il FabLab Roma Makers ha messo in piedi per sostenere l’apertura di un atelier creativo all’interno della Scuola-Ospedale Umberto I di Roma, perché abbiamo visto in questo progetto, non solo un grandissimo potenziale, ma anche una grande opportunità, che ci auguriamo si ripeta altrove, per i bambini che purtroppo non possono liberamente frequentare la scuola o altri luoghi. Spieghiamo ai nostri lettori di cosa si tratta e della motivazione che vi ha mosso a mettere in piedi questo progetto?
L: Innanzitutto vi annuncio che stiamo per aprire. Dovremmo inaugurare a maggio. Questo è un progetto a cui teniamo tutti moltissimo e che nasce quasi per caso. Quando il MIUR lanciò il bando per l’apertura di atelier creativi digitali nelle scuole italiane, molti Istituti vennero a chiederci un sostegno alla progettazione. Tra queste anche l’IC “Pietro Maffi” che è la scuola polo delle Scuole in Ospedale e l'IC di via Tiburtina Antica. Ci si è aperto un mondo. Pensiamo che normalmente le attività benefiche sono rivolte ai reparti pediatrici, e invece nessuno sapeva che è costituita proprio una sezione speciale della scuola pubblica con tante necessità.
B: Quindi state per inaugurare. Ci racconti com’è andata la campagna di raccolta fondi e quali sono stati i principali sostenitori?
L: Dopo questo incontro con due docenti eccezionali, Tiziana e Fausta, ci siamo scontrati con il fatto che l’IC avesse giustamente deciso di partecipare al bando per la sede centrale che è una scuola ordinaria e che quindi la sezione in Ospedale non avrebbe avuto il suo atelier. Abbiamo deciso allora di intervenire privatamente e abbiamo lanciato una campagna di crowdfunding on line a cui si sono affiancate anche delle feste di raccolta nei vari FabLab già attivi a Roma. Lo scopo della campagna è stato anche sensibilizzare le persone su questo tema, informare e diffondere il lavoro che questi insegnanti fanno in queste sezioni, poco conosciuto.
Hanno partecipato tantissime persone da tutta Italia, questo è stato bello. Vorremmo ringraziare tutti e intanto ringraziamo voi di Boboto che ci avete sempre sostenuto.
B: Che tipo di attività possono svolgere i bambini all’interno di questo atelier creativo così speciale?
L: Questa è una domanda non banale: ma a questi bambini serve davvero un atelier creativo? Hanno davvero bisogno di una stampante 3D o di un arduino? In realtà, parlando con le insegnanti, abbiamo scoperto che proprio i bambini di ematologia, che poi è il reparto con maggiori lungodegenze, possono fare tanto con una stampante 3D. Infatti quando vanno in crisi immunitaria non possono uscire da casa o dalla stanza, devono evitare il contatto con tante cose tra cui la carta, e lavorano in telepresenza, ovvero fanno lezione via skype dal pc. Insegnar loro a modellare e a stampare in 3D vuol dire permettergli di creare oggetti, pensiamo ai semplici lavoretti per la festa della mamma o del papà, anche a distanza ovviando al limite che la malattia spesso gli impone. E poi c’è la robotica. E la robotica è per tutti.
B: Noi di Boboto siamo appassionati di innovazione e tecnologia, per questo siamo incuriositi dal tipo di tecnologie che grandi e piccini utilizzano nell’atelier. Puoi parlarci di che cosa, ad oggi, è dotato l’atelier e di quali eventuali progetti sono stati realizzati?
L: L’atelier possiede la dotazione standard che noi abbiamo pensato per gli Atelier Creativi, un po’ ridotta sia per lo spazio a disposizione che per i fondi raccolti: 2 stampanti 3D, plotter taglio e kit di robotica da assemblare e programmare. La cosa importante è che i nostri formatori stanno affiancando a titolo gratuito le insegnanti nello sviluppo dei progetti. È il nostro modo di contribuire al progetto.
B: Quali sono i prossimi progetti in cantiere per Roma Makers?
L: Come li elenchiamo? Qui nascono progetti in continuazione, è difficile starci dietro.
Quest’anno lanceremo tanti campi estivi per i bambini che vorranno divertirsi con le nuove tecnologie finita la scuola. Se siete su Roma, venite a trovarci!