Coderdojo e coding nella scuola

Coderdojo e coding nella scuola: intervista a Caterina Moscetti

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Boboto vi racconta l’incontro con Caterina Moscetti docente di una scuola primaria umbra tra le prime in Italia ad adottare il metodo Codedojo, appassionata di reti, comunicazione e fotografia narrativa. Ma Caterina è molto di più e in questa intervista ci lasceremo coinvolgere dall’ entusiasmo e dalla passione che quotidianamente ha nello stare con i bambini e le bambine.

Boboto: Ciao Caterina, abbiamo avuto difficoltà a descriverti e dire cosa fai, poiché di cose ne fai tantissime! Proviamo a dirne qualcuna. Sei docente di scuola primaria e Champion del Coderdojo Sigillo, sei formatrice del PNSD e Net Teacher per l’Umbria. Da tutto questo si evince quanto il digitale sia per te un terreno molto conosciuto. Ci racconti cosa insegni e di questo tuo incontro, da docente, con il mondo del digitale?

Caterina: Ciao, è un piacere qui con voi! Come insegnante di scuola Primaria ho insegnato varie discipline, dalla matematica all'inglese passando per musica e italiano. Sempre più, negli anni, il fil rouge che ha unito la mia attività didattica è stato l'utilizzo della tecnologia e del digitale come strumento didattico. La tecnologia non l'ho mai confinata nell'ora settimanale della disciplina poiché l'innovazione vera che porta il digitale sta principalmente nel rinnovamento degli stili di insegnamento: da cattedratici e frontali a collaborativi, laboratoriali e per competenze. Il digitale, ovviamente, non è l'unico strumento per permettere questo cambiamento ma esso può favorire tale processo ampliando enormemente gli strumenti a disposizione e le possibilità di condivisione.

Il mio incontro con il digitale? In realtà non c'è stato un momento che ha segnato un netto cambiamento, è stato un percorso naturale nel quale in maniera osmotica gli strumenti che utilizzavo nella vita personale poi prendevano forma e senso anche in quella professionale: dalle presentazioni per narrare storie alle novità che arrivarono con il web 2.0 (ad esempio nel 2008 i miei studenti scrissero un libro di fiabe in modo collaborativo utilizzando un Wiki) poi le forme visive della fotografia digitale e del video editing e infine il coding.

B: Molto spesso vengono mosse critiche e freni all’ingresso della programmazione informatica, e quindi coding (unplugged o meno), all’interno delle scuole per diverse ragioni: mancanza di corretta formazione degli insegnanti, mancanza di fondi per l’acquisto (e mantenimento) di eventuali strumentazioni, utilizzo di strumenti e pratiche che metterebbero in ombra priorità più importanti per la scuola di oggi. Cosa ne pensi?

C: Penso che se si ha la curiosità, la volontà di imparare e la voglia di innovare allora tutto è possibile. Ti rispondo per punti. La formazione degli insegnanti è necessaria ma non sarà mai sufficiente se tornati a casa chiudiamo il quaderno degli appunti e lo lasciamo lì per "quando ne avrò bisogno". Occorre iniziare da subito ad usare gli strumenti, a sperimentarli in pratiche didattiche. Noi insegnanti sappiamo cosa serve ai nostri alunni per apprendere in modo significativo e divertente: se uniamo questa forza alle nuove competenze allora i risultati saranno ottimi. Fondi? Dove non ci sono utilizziamo il BYOD, facciamo raccolte punti e partecipiamo a bandi.

Le priorità della scuola? Il Coding può essere uno degli strumenti per acquisire sia le competenze previste dalle altre discipline sia quelle trasversali.

B: Nella tua esperienza di insegnante nella scuola di tutti i giorni, che pratica questo tipo di attività, quanto ritieni sia effettivamente trasversale ai diversi saperi l’attività di coding?

C: Più che una trasversalità ai saperi delle discipline, parlerei di una trasversalità delle competenze e delle funzioni mentali che il coding permette di attivare e acquisire.

Praticare attività di coding, infatti, consente lo sviluppo del pensiero computazionale e la pratica di numerose funzioni esecutive che afferiscono al pensiero logico e alla creatività. Curiosità, logica, capacità di scomporre problemi e ricercare soluzioni, ricerca degli errori (debug) e pensiero logico, sono competenze trasversali a tutte le discipline e utili per l'apprendimento e per la vita quotidiana.

B: Insieme a Marco Giordano, hai scritto anche un libro proprio su Coding e Pensiero computazionale nella scuola primaria. Quanto ritieni sia importante e necessario iniziare ad introdurre i bambini e le bambine a queste attività, e perché?

C: Ritengo che oggi più che mai nella scuola ci siano due forti necessità: un rinnovamento metodologico della didattica e una apertura verso i nuovi saperi e le nuove competenze, necessarie per vivere in modo consapevole ed attivo nella nostra società. Praticare coding e sviluppare il pensiero computazionale risponde, in parte, a questi bisogni poiché permette di aprirsi ai nuovi saperi e, solo se introdotto con la giusta metodologia, concorre anche al rinnovamento della didattica. L’obiettivo principale del nostro testo, infatti, è stata la volontà di realizzare una guida per docenti che potesse essere di aiuto per la realizzazione di percorsi didattici di impostazione costruzionista, ispirandosi al filone pedagogico che da Piaget arriva a Seymour Papert e, più recentemente, alle ricerche ed alle iniziative del gruppo del Lifelong Kindergarten del laboratorio del MIT MediaLab di Boston, coordinato da Mitchell Resnick.

B: Ultimamente ci sono state delle intense discussioni nel panorama italiano, sulla confusione riguardo al significato del termine coding, usato impropriamente per indicare invece l’attività di programmazione informatica. Ci daresti una tua opinione?

C: Ho seguito con interesse i dibattiti sorti intorno al tema della diffusione del coding in ambito educativo. Numerose sono le domande così pure come le risposte su come dovrebbe essere introdotto ed utilizzato il coding nella scuola. Sono tutte riflessioni importanti poiché dalla pluralità dei punti di vista possono nascere idee e percorsi ricchi ed interessanti. Rispetto al dibattito sull’utilizzo in Italia della parola coding credo che, sebbene sia utile parlarne per far comprendere che praticare coding non significa solo scrivere codice ma svolgere una attività ben più ampia, non sia utile continuare a dibattere in merito. E’ vero, in Italia con il termine coding ora si intende la programmazione informatica in senso ampio e fatta chiarezza da parte dei nostri informatici, l’importante è andare avanti per fare in modo che il coding sia introdotto nel modo corretto.

B: Tu sei sempre stata una curiosa esploratrice di nuovi progetti didattici e il coding per te è stato un’entusiasmante scoperta, abbiamo però notato che ci sono insegnanti e dirigenti che ancora non hanno avuto modo di comprendere perché queste attività possano portare del valore aggiunto ai loro studenti, se avessi l’opportunità in questo momento di parlare loro, cosa li racconteresti della tua esperienza?

C: Racconterei che ogni volta che entro in classe i miei studenti sono felici di iniziare una nuova giornata insieme e che gli studenti ormai diventati un po’ più grandi sono ragazzi curiosi e molto propositivi. I risultati scolastici, poi, vengono di conseguenza.

B: Noi di Boboto, che come ben sai, appoggiamo l’ingresso di queste pratiche all’interno delle scuole, ci siamo resi conto che hanno anche un grande potenziale inclusivo all’interno delle classi. Hai avuto anche tu la stessa esperienza? Potresti raccontarci qualche esperienza vissuta?

C: Intanto mi complimento per le vostre attività, sono veramente interessanti! Sono d’accordo, queste attività hanno un grande potenziale inclusivo. Le attività che si diversificano dal ciclo ascoltare/ripetere/scrivere stimolano l’utilizzo di intelligenze altre rispetto a quelle che fino ad ora sono state predilette e esaltate dalla scuola. Ho avuto esperienza di studenti a cui si illuminavano gli occhi perché riuscivano a realizzare le loro idee con il coding o con la fotografia, quegli stessi alunni che si sentivano non bravi in altre discipline. Questa per me è vera inclusione.

B: Siamo del parere che, quando si parla di didattica e bambini, sicuramente è molto importante l’entusiasmo, e ce n’è stato, e ce n’è ancora davvero molto attorno a questo argomento, ma sono anche convinta che sia bene portare delle evidenze anche “statistiche” dell’effettivo beneficio che nuovi approcci possano sviluppare sui bambini. All’estero se ne parla già tanto e da molto tempo. Tu cosa ne pensi, sei riuscita nella tua esperienza ad avere degli effettivi e costanti miglioramenti o benefici sui tuoi alunni, praticando questo tipo di attività? E se si, in cosa in particolare?

C: Se entriamo nel tema della valutazione possiamo dire che i miei studenti hanno evidenziato un miglioramento delle prestazioni nelle discipline poiché si è innalzato il livello della motivazione. Ovvio che le tecnologie, come gli altri strumenti, vanno gestite per non rischiare di disperdere l’attenzione. Per il momento preferisco, però, misurare e valutare i livelli delle competenze raggiunte. Ora vi segnalo un articolo: i ragazzi con la maglietta verde nella foto sono i miei studenti, e ninja di Coderdojo Sigillo, allora frequentavano la quarta della scuola Primaria e hanno organizzato un laboratorio di coding in una manifestazione internazionale, in una città diversa dalla loro e per ragazzi che non conoscevano. Ora valutate voi. 

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