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Montessori, coding e pensiero computazionale: un’esperienza concreta nella scuola dell’infanzia.

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Boboto è da sempre promotore di attività nel campo educativo, dell’inclusione e dell’innovazione sociale e grande sostenitore della pedagogia di Maria Montessori.

Nell’immaginario comune, “Montessori” è spesso legato ad un’idea di passato, una proposta educativa avulsa dal progresso in cui, ognuno di noi, si ritrova spesso coinvolto. Un progresso che coinvolge non solo aspetti concreti, come può essere l’innovazione negli strumenti che utilizziamo ogni giorno, ma anche le competenze necessarie alla vita di oggi, che continuano sempre a cambiare con il passare degli anni.

Vogliamo invece parlarvi di quanto il Montessori sia ancora, non solo attuale, ma per certi aspetti assolutamente innovativo. Maria Montessori era una scienziata e osservava il mondo e i bambini con sguardo scientifico e non amava che il suo pensiero fosse rinchiuso nella parola “metodo”. L’accostamento con questa parola è nato per una semplice necessità: ciò che aveva intuito sui processi di apprendimento, era assolutamente rivoluzionario e le sue intuizioni non potevano essere ignorate dal mondo della pedagogia e della scuola. In questo contesto, il pensiero di Maria Montessori, è stato definito metodo, parola che lei non amava affatto.

Oggi, le più recenti ricerche neuroscientifiche, confermano quanto intuito e scritto dalla Montessori, confermando la sua efficacia sullo sviluppo cerebrale dei bambini e addirittura, ad oggi, anche sui malati di Alzheimer. La Dott.ssa ebbe modo di rilevare, attraverso l’osservazione scientifica, che i bambini lasciati liberi di organizzare le proprie attività in un ambiente pensato e progettato per le loro esigenze, sono nella condizione migliore per imparare ad esercitare le competenze necessarie al pieno sviluppo della loro personalità e delle loro competenze sociali.

Ma cosa c’entra tutto questo con il pensiero computazionale?

Per arrivare a rispondere a questa domanda partiamo proprio dal cercare di capire cosa sia il pensiero computazionale, di cui tanto oggi si parla.

Seymour Papertinformatico, pedagogista e padre del costruzionismo, fu il primo ad usare la locuzione di pensiero computazionale ed afferma, nel suo famoso libro Mindstorms, che la programmazione sviluppa l’intelligenza sequenziale e il pensiero procedurale, insegna come scomporre il problema in componenti più semplici e a trovare eventuali errori se il procedimento non funziona. E’ chiaro, quindi, che il pensiero computazionale non sia strettamente legato all’utilizzo di uno strumento o procedimento informatico.

Il Prof. Salmeri, in un suo articolo, scrive: “Si ritiene comunemente che il “Discorso sul Metodo” di Descartes rappresenti l’atto di nascita della filosofia moderna. Al suo cuore vi è l’enunciazione di quattro regole che dovrebbero condurre ogni ragionamento. È interessante che, eccettuata la prima che ha un significato chiaramente gnoseologico, le altre praticamente coincidono con alcuni principi di quella che dagli anni ’60 viene chiamata programmazione strutturata e che è considerata come uno dei punti di non ritorno della storia dell’informatica: dividere ogni problema in tante parti quante fosse possibile e richiesto per risolverlo più agevolmente, condurre ordinatamente i miei pensieri cominciando dalle cose più semplici e più facili a conoscersi, fare in tutti i casi enumerazioni tanto perfette e tanto complete da essere sicuro di non omettere nulla. [..] Possiamo dire che l’informatica si pone implicitamente, in una prestigiosa tradizione di pensiero rigoroso. […] tutto ciò che incoraggia il pensiero ordinato è bene, così come è bene imparare a scomporre ogni problema nei suoi costituenti elementari”.

Ora leggiamo invece cosa scrive la Montessori in un suo testo: “[…] Ma questo è un esempio di ciò che noi chiamiamo analisi, cioè il separare le parti di un tutto assai difficile e complesso in esercizi che possono costituire da soli un lavoro interessante. (*)

È sorprendente come tre importanti figure del calibro di Papert, Cartesio e Montessori, che non credo abbiano mai avuto modo di parlare tra loro di pensiero computazionale, stiano parlando dello stesso argomento con uno stesso medesimo approccio.

Spesso, si ritiene che nella fascia dell’età dell’infanzia non sia necessario pensare e sviluppare attività che guardino al potenziamento del pensiero computazionale, perché troppo spesso, erroneamente, si presume che questo sia strettamente legato ad uno strumento informatico. Il pensiero computazionale invece, è un processo mentale che utilizziamo ogni giorno, senza però rendercene conto. Questi continui collegamenti che noi di Boboto continuiamo a trovare nei nostri studi, ci portano invece a credere che sviluppare e potenziare il pensiero computazionale, a partire già dall’età dell’infanzia, possa essere un ottimo aiuto all’acquisizione di competenze utili alla vita, che avranno sicuramente un posto e un peso diverso se acquisite in questa fascia d’età così importante, come ce l’ha raccontata Maria Montessori e come ci hanno confermato le neuroscienze.

Ecco perché Boboto continua nello studio della realizzazione di attività per lo sviluppo del pensiero computazionale anche nell’età dell’infanzia.

Ed oggi vogliamo condividere con voi un’attività a riguardo, che si è svolta proprio in una sezione Montessori della scuola dell'infanzia Cappuccetto Rosso di Lecce

Attraverso un comune gioco di costruzioni in legno, composto da alcune forme geometriche colorate, i bambini hanno sperimentato come ognuno di loro, con gli stessi identici pezzi, potesse creare figure completamente diverse o simili. 

Per permettere ai propri compagni di ricostruire quella stessa figura che loro avevano ideato, hanno provato a raccontare il loro procedimento attraverso delle istruzioni, così facendo i bambini hanno compreso come il procedimento di costruzione, fosse assolutamente diverso l'uno dall'altro nonostante la figura finale fosse la stessa.

Il passaggio successivo, estremamente interessante e divertente per i bambini, ha aumentato la complessità dell'attività mettendo fuori uso "il senso della vista". Attraverso questo procedimento i bambini si sono confrontati con molteplici complessità e quindi risoluzioni, implicite ed esplicite, di problemi. Hanno dovuto sviluppare una maggiore concentrazione, sia nell'ascoltare le istruzioni del compagno per procedere correttamente nella costruzione della figura, sia nel dare le istruzioni per permettere all'altro, bendato, di procedere nel modo corretto. Un processo che ha dato la possibilità di riflettere su quanto, anche un semplice movimento, sia costruito da sequenze precise e di come non sia affatto facile esplicitarle per raggiungere un identico risultato.

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Un'attività simile, non solo permettere di potenziare il pensiero computazionale, ma ha al suo interno innumerevoli ambiti di apprendimento: il potenziamento linguistico, l'orientamento nello spazio, capacità di discriminazione del colore e delle forme geometriche, la coordinazione oculo-manuale e, in particolar modo, nella seconda fase, lo sviluppo di una maggiore consapevolezza dei propri sensi, fondamentale a quest'età. 

Riteniamo sia importante, negli anni dell’infanzia, sviluppare attività che si sposino perfettamente con lo sviluppo cognitivo di questa fascia d’età e che lascino ampio spazio alla creatività. Questo permettere di svolgere serenamente dei percorsi, che diano ancora più valore al “lavoro” che i bambini già svolgono durante il loto tempo a scuola.

Determinati tipi di attività come questa, potranno diventare, negli anni a seguire, un‘ottima base per attività di coding più strutturate, che trovano senso e giustificazione in un’età più avanzata e che diventano neccessarie anche per altre motivazioni, come quella di imparare ad usare con consapevolezza uno strumento informatico.

Vi lasciamo con una citazione di Maria Montessori, che ci stimola continuamente ad interrogarci su quale sia il cammino giusto da intraprendere e speriamo sia d'ispirazione e riflessione anche per voi:

"A che scopo dovrebbe servire l’educazione ai giorni nostri se non ad aiutare gli esseri umani ad una conoscenza dell’ambiente nel quale si devono adattare?"

 

Articolo a cura di Iliana Morelli

 

(*) Maria Montessori, “La scoperta del bambino”, Garzanti, 2014, pp. 318

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